L’Epilessia è una patologia neurologica molto interessante, a causa delle sue caratteristiche sintomatologiche così peculiari è da sempre stata osservata, sicché storicamente si tentò di ricollegarla alle cause più fantasiose come ad esempio la possessione demoniaca (in alcune regioni del pianeta è ancora così! n.d.r.) o le apparizioni mistiche. La patologia in sé è conosciuta fin dall’Antico Egitto, impossibile non citare il suo nome storico ovvero “mal caduto“, che descrive appieno la caduta improvvisa dovuta alla perdita di coscienza del Grande Male (una delle forme più diffuse di Epilessia); soffrirono di questo strano male molti personaggi famosi, da Giulio Cesare e Giovanna D’Arco, si sospetta ne soffrissero anche Napoleone ed il biblico Re Davide.
Lo stesso significato del nome Epilessia è “essere preso o colpito“, il che descrive molto bene la crisi che appunto coglie di sorpresa il paziente.
Benché negli ultimi decenni le conoscenze scientifiche sull‘epilessia siano nettamente migliorate, l‘epilessia fa tuttora parte di quei disturbi sanitari circondati da tutta una serie di pregiudizi e falsi miti nell‘opinione pubblica. Il lavoro di informazione e sensibilizzazione rimane pertanto una priorità.
Già il celebre medico greco Ippocrate (460-375 a.C.) aveva compreso che le epilessie erano causate da disturbi nel cervello, ma fu necessario giungere fino al 19° secolo prima che questa verità si riflettesse anche nell‘attività medica e – anche se con notevole lentezza – nell‘atteggiamento della popolazione in generale.
Nella seconda metà del 19° secolo, date le scarse probabilità di cura esistenti, in diversi paesi europei per le persone affette da epilessia, considerate «i più poveri tra i poveri», furono creati degli istituti di ricovero speciali. Chi era malato di epilessia era pertanto considerato alla pari di chi aveva una malattia mentale. A partire dall‘inizio del 20° secolo, con il crescente sviluppo di terapie farmacologiche e chirurgiche, questi «istituti per epilettici» vennero soppressi o trasformati in moderne cliniche di neurologia o in centri di epilessia.
Affermazioni giuste e sbagliate sulle crisi epilettiche e le epilessie:
SAPEVATE CHE
COSA È
l’epilessia è un disturbo causato da una temporanea iperattività di un gruppo di cellule del cervello
FORME DI EPILESSIA DIVERSE
DURATA
CAUSE
CURE
ASSISTENZA
La crisi epilettica è distinta da tre caratteristiche principali: è improvvisa, breve e caotica.
Il verificarsi di un solo attacco però non risulta sufficiente per fare diagnosi di Epilessia, è necessario avere un quarto elemento: la ripetitività nel tempo degli attacchi. L’Epilessia è quindi un disordine cronico.
Naturalmente il medico utilizzerà anche i dati anamnestici del paziente (cioé chiederà se e quanti casi analoghi vi sono in famiglia o si sono già verificati allo stesso paziente) ed infinite approfondirà con EEG (ElettroEncefaloGramma).
La definizione di Epilessia si riferisce all’Epilessia in sé ed a nulla di più, nel senso che purtroppo non è sempre possibile comprendere la causa scatenante della patologia; sappiamo per certo solo che il protagonista principale è il cervello con la sua corteccia cerebrale, qui secondo svariate teorie un fascio di fibre nervose perde la capacità di essere inibito (o acquista un’eccessiva attività eccitatoria), ciò non provoca altro che un cortocircuito vero e proprio. Questo cortocircuito è la crisi epilettica, la quale si manifesta fino a che questo circuito “difettoso” non si scarica totalmente. L’effetto di questa scarica incontrollata potrà essere locale o generale ma in sostanza manda in “tilt” il sistema di controllo che il cervello ha sulle nostre funzioni cognitive, motorie e sensitive, in quantità differenti questo provoca i sintomi vari e peculiari delle molte Epilessie catalogate finora, dalle forme più lievi a quelle più marcate.
Tranne per le caratteristiche della crisi stessa, non esiste una pletora di sintomi che accomuni inevitabilmente tutte le Epilessie, vi sono di più frequenti e meno frequenti; volendo essere più precisi possiamo parlare di sintomi motori:
Sintomi sensitivi:
Sintomi autonomini (o “autonomi“, cioé relativi al Sistema Nervoso Autonomo, quindi collegati a funzioni primarie e non coscienti dell’organismo, n.d.r.):
Infine possono manifestarsi alcuni sintomi psichici (la cosiddetta “aura“), come vediamo sono tra i più vari:
I sintomi sono veramente tanti, molto vari e soprattutto non perfettamente sovrapponibili, questo ha contribuito alla suddivisione clinica delle Epilessie in numerosissime malattie considerate come distinte, ma nonostante ciò forse un solo sintomo è tra i più frequenti (in alcuni casi infatti non c’è): la mutazione della coscienza. La coscienza può essere solo leggermente obnubilata (una sensazione di confusione) oppure può anche arrivare alla sospensione, quindi allo svenimento vero e proprio dopo il quale il paziente difficilmente ricorderà la crisi in sé.
L’EEG appare sempre caratteristico, nella maggior parte dei casi il tracciato è caotico durante la crisi, le onde sono così frequenti da sovrapporsi e somigliano molto ad uno scarabocchio sul foglio millimetrato, questo indica una frequenza di scarica tale da rendere difficile la distinzione effettiva di un’onda elettrica dall’altra, esattamente ciò che vedremmo in un cortocircuito vero e proprio, in quel caso la normale ed ordinata onda elettrica passante nel circuito verrebbe sostituita da una caotica. E’ certamente opportuno sottolineare che solo una piccola parte delle Epilessie ha delle “avvisaglie” (prodromi) all’EEG, i periodi intercriti (cioé i periodi in cui il paziente sta bene) spesso presentano onde del tutto normali, è quindi necessario monitorare una crisi stessa per osservare il tracciato tipico.
Purtroppo tanti sintomi e poche cause conosciute hanno portato ad una classificazione macchinosa ed in continua evoluzione delle Epilessie, per semplicità qui ve ne elenchiamo alcune utili a capire quali e quanti tipi di Epilessia esistono.
Innanzitutto la classificazione anatomica, basata cioé sull’area cerebrale coinvolta:
Una classificazione basata sulla causa, quindi una classificazione eziologica (o etiologica, “in base alla causa” appunto):
Una classificazione in base alla pletora di sintomi, quindi una classificazione clinica:
Fermiamoci a queste classificazioni per l’Epilessia, che tra l’altro avrebbero ulteriori sottoclassificazioni sulle quali sorvoliamo in questa sede, giusto per farvi capire quanto ampia è la possibile manifestazione di questa patologia neurologica.
La prognosi è prevalentemente buona (benigna), difatti la maggior parte delle forme di Epilessia (idiopatiche o sindromiche, cfr. sopra) sono caratterizzate da crisi che durano pochi secondi senza conseguenze per il sistema nervoso e che possono essere facilmente trattate farmacologicamente in modo che non si presentino affatto, con una qualità della vita del tutto normale; addirittura in alcune forme infantili può capitare di veder scomparire totalmente le crisi con l’età. In una piccola quantità di casi invece la forma risulta particolarmente cruenta (maligna), le crisi possono durare più del dovuto, avere una frequenza molto più alta, lasciare danni e strascichi cerebrali (cirptogenetiche, encefalopatiche) risultando anche meno trattabili con i farmaci.
Non vorremo dilungarci troppo sulla terapia, basti sapere che nelle forme più trattabili è sufficiente un farmaco antiepilettico a dosi via via più alte fino al raggiungimento di quella maggiormente efficace (dose minima terapeutica), se un farmaco non funziona se ne proverà un secondo sempre da solo; si ricorre all’accoppiamento di due farmaci solo in casi di grave refrattarietà. In extremis anche l’intervento chirurgico sulle aree che generano la scarica (se conosciute) é un’opzione terapeutica da prendere in considerazione. E’ tra l’altro risaputo che alcune forme di Epilessia rispondono bene anche a cambiamenti della sola dieta.
Per crisi epilettiche si intendono disturbi cerebrali dovuti a scariche elettriche anomale e di breve durata di cellule nervose. Le epilessie sono crisi epilettiche ricorrenti e con insorgenza imprevedibile.
Ci sono più di dieci tipi di crisi epilettiche e una quantità ancora ben più numerosa di forme di epilessie, anche perché queste ultime possono occorrere con una combinazione di tipi di crisi diversi. Di regola, ogni persona colpita soffre di un‘unica forma di epilessia che si manifesta attraverso da uno a tre tipi di crisi. Gli intervalli fra le singoli crisi possono oscillare tra pochi secondi, anni o anche decenni.
Il termine epilessia deriva dal greco e significa «essere sopraffatti», «essere colti di sorpresa». Fino al Medioevo le epilessie erano chiamate anche «morbus sacer», ossia male sacro, attribuendo loro così una posizione speciale, che qualche volta hanno tuttora.
Molte persone credono che sia facile descrivere una crisi epilettica. D‘un tratto qualcuno emette un grido, perde coscienza, spesso si morde la lingua e cade a terra. Smette di respirare, diventa cianotico, il suo corpo si irrigidisce, con contrazioni muscolari («convulsioni») delle braccia e delle gambe, finché, sfinito, cade in una specie di sonno profondo. Alla crisi fa spesso seguito una fase di sopore o sonnolenza, con mal di testa, vertigini e dolore muscolare; qualche volta la crisi è anche accompagnata da una perdita di urina. Questa descrizione si applica a una forma frequente di crisi epilettiche (il cosiddetto «grande male» o crisi generalizzata tonico-clonica), ma questo tipo di crisi è solo uno fra tanti e non è nemmeno il più frequente.
Le crisi epilettiche possono manifestarsi in modi molto diversi. Possono avvenire senza grida, senza perdita di coscienza, senza irrigidimento del corpo, senza morso della lingua, senza caduta e senza aspetto cianotico o convulsioni. Possono essere così lievi da non essere percepite da nessuno, non solo dalla persona colpita ma, a meno che non si tratti di uno specialista, nemmeno da chi vi assiste direttamente. L‘unico segno di una crisi epilettica può essere un momento di disattenzione della durata di cinque o dieci secondi, o il breve scatto di un braccio.
Una definizione generica valida per tutti i tipi di crisi potrebbe essere la seguente: una crisi epilettica è un‘alterazione improvvisa e di relativamente breve durata dello stato di coscienza, delle capacità cognitive, del comportamento, della memoria, delle capacità sensitive e percettive, con contrazioni muscolari, dovuta a una disfunzione temporanea delle cellule nervose cerebrali, che si manifesta attraverso scariche elettriche anomale sincronizzate. Benché questa definizione sia corretta, è molto troppo lunga per poter essere memorizzata e utilizzata nella pratica quotidiana. Per semplificare si può pertanto definire una crisi epilettica come la conseguenza di una temporanea disfunzione di cellule nervose, i cui sintomi dipendono dalla funzione assunta normalmente dalle cellule nervose coinvolte.
Ogni cellula nervosa e ogni gruppo di cellule nervose nel cervello possono diventare «epilettici», con conseguente alterazione o interruzione della loro normale attività. Se le cellule sono responsabili delle sensazioni olfattive si verifica un disturbo dell‘odorato; se sono responsabili delle capacità visive, vi può essere la percezione di lampi di luce o di altri fastidiosi effetti luminosi. Se partecipano alle capacità mnemoniche, ci può essere un disturbo delle capacità di apprendimento o eventualmente anche una perdita di coscienza seguita da una lacuna della memoria.
Il termine «crisi epilettica» è una denominazione collettiva che può celare malattie molto diverse l‘una dall‘altra. Malgrado tutti i metodi diagnostici oggi disponibili, in molti casi è tuttora impossibile individuare la causa delle crisi epilettiche. Non tutte le persone che hanno avuto una o diverse crisi epilettiche sono affette da epilessia. Hanno ad esempio crisi epilettiche praticamente tutte le persone in cui si sviluppa una purulenza nel cervello (un cosiddetto ascesso cerebrale), che subiscono ferite sufficientemente gravi alla testa, il cui cervello non riceve una quantità sufficiente di ossigeno o che assumono una dose eccessiva di determinati medicinali. Benché una persis-tenza o una ripetizione di queste circostanze può causare crisi ripetute, le persone colpite non sono affette da epilessia. Si parla di epilessia solo in presenza di due o più crisi epilettiche a intervalli di almeno 24 ore e con insorgenza imprevedibile, vale a dire che insorgono in modo spontaneo. Questo non significa che non ci possa essere nel cervello un fattore che causa le crisi epilettiche, come ad esempio un‘infermità congenita o un‘altra lesione di lunga data. La diagnosi di epilessia presume addirittura che la causa di un‘epilessia permane anche fra una crisi e l‘altra.
L‘epilessia si distingue da altre malattie per il fatto che si tratta in realtà di un gruppo di sindromi con cause diverse che hanno in comune l‘insorgenza ricorrente di crisi epilettiche. È prevedibile che in un prossimo futuro sarà possibile definire la causa precisa di un numero sempre maggiore di forme di epilessia. Comunque sia, un esame accurato consente quasi sempre di individuare in modo sufficientemente preciso il tipo di crisi e il «gruppo» di epilessie per poter avviare la terapia più appropriata.
Un attacco epilettico causa un disturbo temporaneo della funzione cerebrale. Esistono numerose forme di crisi epilettiche. I sintomi spaziano da isolati disturbi della coscienza durante una crisi di assenza (piccoli attacchi generalizzati o “piccolo male”) a brevi contrazioni involontarie senza perdita di coscienza (mioclonie), fino a “grandi” crisi epilettiche con perdita di coscienza (“grande male”).
Le sindromi epilettiche possono essere ereditarie o si può avere una predisposizione alla malattia; possono inoltre, per esempio, insorgere in seguito a ictus, lesioni alla testa o in presenza di tumori al cervello e malattie degenerative come il morbo di Alzheimer. Circa un terzo delle epilessie è di origine genetica, di cui solo una piccola parte è ereditaria. Si tratta spesso di mutazioni non ereditate (mutazioni de novo). La causa resta tuttavia incerta ancora oggi.
Non tutte le persone che sperimentano una o più crisi epilettiche hanno anche l’epilessia. Si può parlare di epilessia soltanto dopo diverse crisi spontanee senza fattori scatenanti riconoscibili. L’epilessia non può essere considerata una malattia unitaria, ma piuttosto un vasto gruppo di diverse malattie con sintomi, decorsi e cause molto diverse tra loro.
L’epilessia rientra tra quei disturbi che l’opinione pubblica associa a numerosi pregiudizi e false opinioni. Alcune dichiarazioni corrette sull’epilessia sono riportate di seguito:
L’Epilessia Tonico-Clonica, più volgarmente conosciuta come Grande Male, è una delle forme di epilessia più diffuse, ma anche una delle forme più semplici da trattare se presa in tempo, colpisce spesso fin dalla giovane età.
Il Grande Male rientra nelle epilessie generalizzate ed idiopatiche, le sue cause non sono differenti da quelle delle altre forme, un “cortocircuito”della corteccia cerebrale manda in “tilt il sistema nervoso traducendosi in contrazioni muscolari incoscienti; questa “scintilla” può essere fin dal primo momento generale oppure generarsi da un punto preciso (iniziando quindi come una forma focale) per poi diffondere lungo la corteccia e generalizzare.
La crisi di Grande Male può avere dei prodromi nella Fase Precritica (di solito pochi minuti prima che inizi), come piccole contrazioni, segni di aura ecc… Ma ciò non accade sempre, spesso la crisi arriva all’improvviso ed il paziente stramazza a terra per l’improvvisa perdita di coscienza ed il contrarsi dei muscoli: inizia la cosiddetta Fase Tonica.
Durante la Fase Tonica il paziente è già incosciente, i suoi muscoli sono tesi all’estremo e si contraggono a tal punto da impedirgli il respiro (dispnea, a causa della contrattura dei muscoli intercostali) oppure fargli mordere la lingua a causa della contrattura dei muscoli masticatori che portano a digrignare i denti, l’ipertonia dei muscoli fonatori può portare anche all’emissione di grida, il paziente può anche perdere saliva ed avere rigurgiti; la persona giace a terra in questo stato per qualche secondo fin al massimo di un minuto. A questo punto inizia la Fase Clonica.
Durante la Fase Clonica il paziente è ancora incosciente, i muscoli però non sono più ipertonici, ma iniziano ad alternare contratture e rilassamenti, si muovono a scatti improvvisi ed in maniera convulsa. E’ proprio in questa situazione che il paziente rischia di farsi male a causa dell’ambiente circostante. La fase Clonica non dura più di qualche decina di secondi o un minuto.
La durata complessiva dell’intera crisi è data dalla durata della Fase Tonica sommata a quella della Fase Clonica, questo valore non deve superare i 3 minuti, se poi è addirittura superiore ai 5 minuti è opportuno chiamare l’assistenza medica.
Immediatamente dopo la fine della crisi la Fase Postcritica è ipotonica, il paziente giace esanime, ma lentamente riprende i sensi ed il controllo del suo corpo, a causa del rilasciamento è possibile si abbiano eventi spiacevoli come la perdita di urina; è la fase nella quale un eventuale soccorritore può avere maggiore contatto col paziente e può rassicurarlo guidandolo verso la ripresa, senza però forzarlo. A questo punto il paziente si sarà ripreso, siamo ormai nella cosiddetta Fase Intercritica, quel lungo periodo in cui il paziente è perfettamente presente nonché sano, difficilmente ricorderà la crisi in sè, pur comprendendo di averne avuta una.
La diagnosi di Grande Male può essere instradata dalla testimonianza del paziente stesso e dalla possibile familiarità del Male, come confermato in anamnesi. Seppur proseguendo con l’esame obiettivo neurologico la conferma definitiva si ha però all’EEG, con un grafico del tutto simile a quello che si vede nell’articolo sulla classificazione citato nel secondo paragrafo, durante la crisi le onde assumono un aspetto caotico tipico.
Il Grande Male è una delle forma di epilessia che risponde meglio alla terapia farmacologica, a volte anche solo ad un cambio di dieta guidato, ed è opportuno intervenire il prima possibile più che altro per evitare che durante una crisi il paziente possa farsi seriamente male.
Farmacologicamente si impiegano dei depressori del sistema nervoso come benzodiazepine o barbiturici, oggi ne esiste una variegata scelta. La terapia sarà sempre prima monofarmaco salendo gradualmente di dose fino all’annullamento delle crisi, solo rarissimi casi di refrattarietà della patologia richiederanno il cambio o la pianificazione di una terapia, la quale può essere seriamente debilitante per il paziente per i suoi effetti collaterali.
Non dimentichiamolo: l’obiettivo è sempre permettere al paziente di liberarsi delle crisi pur mantenendo uno stile di vita assolutamente normale, quindi meno influenzato possibile dagli effetti collaterali dei farmaci prescritti.
Ci sono diverse forme di crisi epilettiche. Alcune hanno un aspetto minaccioso, altre sono così brevi e impercettibili che spesso non vengono riconosciute per molti anni. In base alla diagnostica francese del 19° secolo, per molto tempo si è distinto solo fra grandi e piccole crisi («grand mal», grande male, per quelle più drammatiche e «petit mal», piccolo male, per quelle meno gravi). La ripartizione moderna dei principali tipi di crisi che colpiscono i giovani e gli adulti prevede un‘ulteriore suddivisione delle crisi di piccolo male e di grande male.
Primariamente significa fin dall‘inizio: si parla di crisi primariamente generalizzata per indicare che i due emisferi del cervello sono coinvolti nella crisi fin dall‘inizio. Questo è evidenziato dai segni della crisi sui due lati del corpo, dalle alterazioni dell‘EEG su entrambi i lati e dalla perdita di coscienza. Le crisi secondariamente generalizzate sono crisi a esordio focale – vale a dire che interessa solo una parte di un emisfero del cervello – che nel loro decorso diventano generalizzate. Le principali forme di crisi epilettiche primariamente generalizzate nei giovani e negli adulti sono le assenze, le crisi miocloniche e le crisi tonico-cloniche primariamente generalizzate (crisi di grande male al risveglio).
ASSENZE
Le assenze sono crisi che si manifestano principalmente attraverso una «eclissi di coscienza» della durata di pochi secondi e che non presentano altri sintomi particolari. Le caratteristiche di un‘assenza sono l‘impossibilità di comunicare durante la crisi e l‘amnesia successiva per l‘episodio critico. Le assenze iniziano e terminano in modo repentino; d‘un tratto la persona colpita interrompe la propria attività per 10–20 secondi, per poi riprenderla in modo altrettanto improvviso, di regola come se non fosse successo niente. Le assenze sono più frequenti nei bambini che negli adulti.
CRISI MIOCLONICHE
Le crisi miocloniche sono scosse improvvise e brevi che interessano gruppi muscolari generalmente circoscritti, che provocano un movimento involontario, in genere senza alterazione della coscienza. Alcune crisi miocloniche interessano solo i muscoli della spalla e del braccio, provocando scatti improvvisi delle braccia; altre forme di crisi miocloniche possono interessare tutti i muscoli del corpo. La gravità delle crisi può variare considerevolmente e comportare sia una caduta a terra, sia un «lancio» di oggetti tenuti in mano. Le crisi miocloniche possono verificarsi a qualsiasi età.
Le crisi focali iniziano in una zona circoscritta del cervello, ad esempio in una zona di un lobo temporale o nel lobo frontale, e rimangono in parte anche limitate a tale sede. In altri termini, durante la crisi l‘attività delle cellule nervose nelle altre parti del cervello rimane indisturbata. Le crisi focali hanno pertanto un focolaio epilettogeno preciso. Le principali forme di crisi focali nei giovani e negli adulti sono quelle con o senza alterazione della coscienza e le crisi tonico-cloniche a esordio focale secondariamente generalizzate.
CRISI FOCALI SENZA ALTERAZIONE DELLA COSCIENZA
Le crisi focali senza alterazione della coscienza (dette anche crisi focali semplici) sono crisi focali in cui la persona colpita rimane cosciente. Esistono cinque forme principali: crisi focali motorie, sensitive, sensoriali, del sistema nervoso autonomo e crisi focali con sintomi psichici senza alterazione della coscienza. Un‘aura è una crisi focale della durata di pochi secondi, senza alterazione della coscienza, che si trasforma spesso in una crisi focale con alterazione della coscienza o in una crisi tonico-clonica secondariamente generalizzata. Le aure non sono pertanto delle sensazioni premonitrici della crisi, staccate dalla stessa, ma fanno già parte della crisi vera e propria. Come tutte le altre crisi focali senza alterazione della coscienza, vengono vissute in modo cosciente e ricordate successivamente, anche quando vengono seguite da una crisi con alterazione della coscienza. Per questo motivo hanno spesso la funzione di sintomi premonitori di una crisi.
CRISI FOCALI CON ALTERAZIONE DELLA COSCIENZA
Le crisi focali con alterazione della coscienza (dette anche crisi focali complesse o psicomotorie), come indica il loro nome si verificano in associazione con un‘alterazione della coscienza; tuttavia, diversamente dalle crisi tonicocloniche generalizzate, non comportano uno stato simile al coma immediatamente percettibile da terzi. In genere le persone colpite presentano un‘amnesia successiva parziale o integrale per l‘evento critico, ma non cadono a terra durante la crisi e il loro comportamento è tale che in certi casi gli estranei non si accorgono nemmeno dell‘insorgenza della crisi. Si parla anche di un «restringimento della coscienza» o di uno «stato crepuscolare». La denominazione più datata, che parla di crisi «psicomotorie», rende bene l‘idea della combinazione di sintomi motori e psichiche.
Qualche volta si fa una distinzione tra due forme di crisi focali con alterazione della coscienza. Nella prima, l‘alterazione della coscienza si verifica fin dall‘inizio della crisi, mentre nella seconda si verifica prima una crisi focale senza alterazione della coscienza, sotto forma di un‘aura, spesso con una strana sensazione di calore e di nausea che dallo stomaco risale verso la gola, che solo in seguito comporta un‘alterazione della coscienza. In questa fase le persone colpite appaiono assenti, come trasognate, dissociate dal mondo che le circonda, come in trance o in un sogno.
Nelle due forme si manifestano dei movimenti e dei comportamenti apparentemente automatici, definiti automatismi. Questi automatismi possono interessare il viso o le braccia (l‘ammiccare, lo schioccare le labbra, il lambire le labbra, il masticare, il deglutire, l‘«armeggiare» attorno ai vestiti o ai bottoni o lo strofinare con le mani sui vestiti, sulle cosce ecc.), ma possono anche comportare movimenti complessi come il camminare avanti e indietro, il togliersi e il rimettersi i vestiti o lo spostamento di elementi dell‘arredamento. La fine di una crisi focale con alterazione della coscienza è seguita da un periodo di lento riorientamento in cui la persona colpita non sa ancora dove si trova o che cosa sta facendo.
Per secondariamente si intende successivamente, vale a dire che le crisi tonico-cloniche secondariamente generalizzate sono crisi che si sviluppano da altri tipi di crisi. Si può trattare di crisi focali con o senza alterazione della coscienza, ma è anche possibile che una crisi focale senza alterazione della coscienza sia seguita da una crisi focale con alterazione della coscienza prima che si verifichi una crisi generalizzata. Le crisi tonico-cloniche secondariamente generalizzate si verificano prevalentemente di notte (= crisi di grande male morfeiche) o anche senza chiara correlazione con il regime sonno-veglia (= crisi di grande male diffuse).
Quando una crisi secondariamente generalizzata è preceduta da una crisi focale senza alterazione della coscienza, le informazioni comunicate dal paziente dopo la crisi su quello che ha sentito e vissuto consentono di localizzare la zona cerebrale in cui ha avuto origine la crisi. Queste possibilità diagnostiche sono praticamente inesistenti in caso di crisi focali con immediata alterazione della coscienza o di crisi verificatesi nel sonno. Quando la generalizzazione avviene rapidamente, in genere nemmeno il partner della persona colpita può fornire informazioni sull‘esordio focale della crisi.
Si parla di stato epilettico quando le singole crisi persistono per oltre mezz‘ora o quando le crisi si susseguono in rapida frequenza senza intervallo di recupero. Come nelle altre forme di crisi epilettiche, esistono stati epilettici con o senza convulsioni (= stato epilettico «convulsivo» e «non convulsivo») e stati epilettici con o senza perdita della coscienza.
Le cause delle crisi epilettiche e delle epilessie dipendono in prima linea dall‘età della persona colpita e dal tipo di crisi. Esistono inoltre fattori scatenanti, che in realtà non costituiscono una causa vera e propria, ma che possono provocare anche nelle persone non affette da epilessia delle cosiddette crisi occasionali o un aumento della frequenza delle crisi nelle persone malate di epilessia.
Malgrado i progressi compiuti nel campo delle techniche diagnostiche, in molti casi la causa delle crisi epilettiche è ancora sconosciuta. In circa la metà di tutte le persone affette da epilessia rimane tuttora impossibile definire la causa o il disturbo che ha fatto insorgere o ha scatenato le crisi. Nelle epilessie con esordio nell‘infanzia questo è ancora più frequente che in quelle con esordio nell‘età adulta, ma anche nelle seconde è spesso impossibile individuare una modifica nel cervello responsabile della crisi. Per il paziente come per il medico si tratta spesso di una circostanza deludente; tuttavia, questo significa anche che il rischio di avere un tumore o un‘altra malattia grave al cervello concerne solo un paziente su dieci.
Il crescente perfezionamento delle tecniche diagnostiche, in particolare la tomografia a risonanza magnetica (TRM), consente sempre più spesso di individuare alterazioni circoscritte nel cervello precedentemente invisibili, quali ad esempio cosiddette displasie corticali oppure indurimenti o restringimenti circoscritti nella zona del lobo temporale (= sclerosi ippocampale o atrofia ippocampale.
Il termine idiopatico deriva dal greco «idios» e significa «proprio», «particolare», «distinto». Le crisi e le epilessie idiopatiche hanno una componente ereditaria con una frequenza più che casuale di epilessie nei genitori o in altri consanguinei, avvengono senza altro motivo apparente e non derivano da altri tipi di crisi o epilessie. Inoltre, le epilessie idiopatiche sono caratterizzate da un‘insorgenza dipendente dall‘età, con netta prevalenza dell‘infanzia e dell‘età giovanile, e da tipiche alterazioni dell‘EEG. In via eccezionale l‘esordio di un‘epilessia idiopatica può anche verificarsi in una persona adulta o addirittura anziana.
La maggior parte delle epilessie idiopatiche si verificano in associazione con crisi generalizzate (assenze, crisi miocloniche o crisi generalizzate tonicocloniche (grande male)); esistono tuttavia anche epilessie idiopatiche focali, in particolare nell‘infanzia e nell‘età giovanile. Esempi di epilessie idiopatiche generalizzate sono le epilessie con assenze (piccolo male) dell‘infanzia e dell‘età giovanile, l‘epilessia mioclonica giovanile e l‘epilessia con crisi tonico-cloniche primariamente generalizzate (grande male al risveglio). Esempi di epilessie idiopatiche focali sono la cosiddetta epilessia rolandica e l‘epilessia da lettura.
Le cause delle crisi e delle epilessie sintomatiche sono alterazioni patologiche accertate nel cervello quali gravi lesioni alla testa, tumori cerebrali, ictus cerebrali o emorragie. Si possono includere in questo gruppo anche traumi cerebrali di lunga data, quali complicazioni alla nascita con conseguenti disabilità mentali e fisiche.
Per criptogenici si intendono quei disturbi la cui causa è per ora ancora sconosciuta (dal greco kryptos = nascosto, coperto, simulato), ma per i quali si può presumere che prima o tardi verranno inclusi fra i disturbi sintomatici. Per evitare ogni confusione con le epilessie idiopatiche, si parla generalmente di epilessie probabilmente sintomatiche.
Con poche eccezioni (= epilessie idiopatiche focali), tutte le crisi focali (quelle con o senza perdita di coscienza, le crisi focali semplici e complesse e le crisi tonico-cloniche secondariamente generalizzate) e le epilessie focali sono sintomatiche o probabilmente sintomatiche.
LE CAUSE PIÙ FREQUENTI DELLE EPILESSIE SINTOMATICHE
In due ampi studi condotti negli Stati Uniti e in Inghilterra si è analizzato in quanti casi si possono accertare determinate cause di crisi sintomatiche. Solo in un buon terzo dei pazienti si sono ottenuti risultati concordanti e la distribuzione delle diverse cause è risultata molto simile. Le più frequenti sono stati i cosiddetti disturbi vascolari (= ictus cerebrali e emorragie cerebrali), seguiti da traumi cerebrali subiti alla nascita, tumori cerebrali, gravi lesioni alla testa e cosiddette malattie degenerative come il morbo di Alzheimer. Lo studio inglese aveva preso in considerazione anche le crisi legate al consumo di alcolici, mentre lo studio americano le aveva giustamente escluse, dato che in genere si tratta unicamente di crisi occasionali e non di epilessia vera e propria.
LE CAUSE PIÙ FREQUENTI NELLE DIVERSE FASCE D‘ETÀ
Le indicazioni sulle singole cause citate nel capitolo precedente si riferivano a tutte le persone affette da epilessia, senza tener conto dell‘età delle persone colpite. Tuttavia, come si è già menzionato, le cause variano a dipendenza delle fasce di età. I disturbi dell‘irrorazione sanguigna cerebrale – a parte quelli dovuti a complicazioni alla nascita – e le malattie degenerative concernono quasi esclusivamente le fasce più anziane, mentre nei bambini le cause più frequenti sono logicamente i traumi cerebrali subiti alla nascita. Nello studio inglese, l‘incidenza causale dei disturbi vascolari è risultata del 15% per l‘intero gruppo, mentre che nelle persone di età superiore ai 60 anni raggiungeva quasi il 50%. Viceversa, i tumori cerebrali svolgevano un ruolo solo nell‘1% delle persone di età inferiore ai 30 anni, mentre che nelle persone fra i 50 e i 59 anni l‘incidenza si situava attorno al 2 – 5%. Differenze altrettanto chiare sono risultate anche nello studio americano; lo schema seguente presenta i suoi risultati per le fasce di età fino a 15 anni, tra 15 e 34 anni, tra 35 e 64 anni e oltre i 64 anni.
Questo articolo non è rivolto tanto ai pazienti che soffrono di Epilessia in cui ne parlo in generale, n.d.r. ), visto che spesso durante una crisi hanno una perdita di scoscienza, quanto a chi gli sta attorno e prima o poi potrebbe ritrovarsi con questo amico, amica, figlio, figlia, sorella, fratello, quel che volete, improvvisamente a terra in preda a delle convulsioni epilettiche.
Prevedere una crisi è possibile?
Non esiste un modo certo per prevedere una crisi epilettica, solo in alcuni casi i sintomi dell’aura (cfr. sempre il mio articolo sopra) possono essere parzialmente anticipati ed iniziare a manifestarsi in maniera leggera prima della crisi vera e propria, con il paziente ancora cosciente e quindi in grado di comprendere che sta per succedere qualcosa, soprattutto se gli è già capitato altre volte.
Cosa fare durante una crisi epilettica generalizzata?
E’ fondamentale ricordare che in questa forma di Epilessia il paziente perde la propria coscienza e che conseguentemente non è la crisi in sé a provocare danno, questa infatti così come viene in pochi secondi se ne va, ma è l’ambiente circostante.
Durante una crisi tonico clonica ad esempio i movimenti inconsulti possono inconsapevolmente portare il paziente a tagli, fratture, contusioni morsicatura della lingua.
Ecco allora alcune semplici regole di comportamento durante una crisi, cosa fare:
Certamente è importantissimo ricordare che queste persone vivono quotidianamente con l’Epilessia e che quindi passata una convulsione o durante una di esse non è assolutamente necessario chiamare un’ambulanza, a meno che sappiamo che per loro quella è la prima crisi (mai avute altre in passato) oppure se la durata misurata durante la crisi supera i 5 minuti, ricordate che una normale crisi non supera di norma i il minuto e mezzo-due minuti; oppure ancora se al finire di una crisi se ne avvii un’altra all’improvviso. Naturalmente è opportuno chiamare l’assistenza medica anche in caso si siano fatti male durante la convulsione, ma speriamo ciò non accada seguendo le corrette regole di comportamento.
C’è però da tener presente che alcune nostre azioni potrebbero concorrere a danneggiare il paziente, quindi cosa non fare:
La posizione di sicurezza
Conoscere i passaggi per portare un paziente in posizione di sicurezza è molto importante per ridurre al minimo i rischi postcritici permettendo una graduale e serena ripresa della coscienza. Si esegue posizionando anzitutto il braccio del paziente che vi é più vicino a 90°sul piano, poi si prende gentilmente la mano del braccio più lontano (dal palmo) ed anche il ginocchio dell’arto più distante, basterà ruotare quest’ultimo verso di voi per far girare su un fianco la persona; a questo punto piegare leggermente anche l’altra gamba in modo che il ginocchio sia piegato come l’altro; in ultimo spostiamo gentilmente la testa indietro (questo faciliterà la fuoriuscita di liquidi se vi sono o comunque favorirà la respirazione).
Ora il paziente è su un fianco, con le gambe leggermente flesse, una mano vicina alla testa e quest’ultima leggermente spostata indietro.
E le crisi focali?
Queste crisi sono spesso parziali e possono anche non comportare la perdita di coscienza, ciò nonostante è opportuno sapere cosa fare anche in questi casi perché il paziente seppur cosciente può essere molto confuso ed anche se i sintomi possono apparire leggeri (piccoli movimenti ripetitivi) non è detto che la persona riesca a rendersene conto o a ricordarli dopo la crisi. Quindi in caso di una crisi parziale rimanere con il paziente è la scelta giusta, rassicurarlo, non tentare di farlo tornare in sè, ma attendere con lui la fine dell’attacco.
L’Epilessia è anche un evento sociale, oltre che patologico!
Aiutiamo a non fare sentire in imbarazzo la persona
Cercate sempre di essere rassicuranti, si tratta si una patologia che certo non è voluta dalla persona, spesso a fine crisi possono verificarsi episodi spiacevoli, come vomito oppure il rilascio degli sfinteri (apertura delle cavità corporee) e non raramente si può avere la perdita di urina. Probabilmente chi soffre di questa patologia da tempo sa già che ciò può accadere e sarà già dispiaciuto o imbarazzato per proprio conto oltre ad essere spossato dalla crisi stessa. Quindi, di nuovo, siate gentili ed accomodanti, non dimostratevi disgustati o spaventati, sareste solo un peso in più in quell’occasione.
CRISI TONICHE-CLONICHE GENERALIZZATE («GRANDE MALE»)
È importante che tutti i parenti o le altre persone che osservano la manifestazione di una crisi generalizzata, benché comprensibilmente agitati e preoccupati, non si lascino prendere dal panico e si comportino con buonsenso. Passanti benintenzionati ma eccessivamente agitati possono, in talune situazioni, peggiorare il danno quando intervengono aiutando in maniera improvvisata.
Un attacco tonico-clonico generalizzato pu ò sembrare pericoloso; in genere, però, per la persona coinvolta non rappresenta un pericolo di vita. È inoltre praticamente impossibile interrompere una crisi che è iniziata. Il grido emesso all’inizio di un attacco non è sintomo di dolore della persona epilettica ma è legato alla respirazione: inspiro convulsivo o espiro attraverso la trachea e la faringe.
COSA FARE:
Intervenire con calma e in modo controllato (in particolare in pubblico e in caso di confusione), osservare e annotare l’orario e la durata (inizio della crisi?). In caso di segnali iniziali conosciuti (per es. segnalazione diretta dell’epilettico, «sguardo fisso») aiutarlo a distendersi sul divano, sul letto o sul pavimento. Contribuire ad evitare che incorra in pericoli, cercare di rimuovere gli oggetti pericolosi, per esempio:
Attendere l’evoluzione della crisi. Subito dopo Sistemare la persona sul fianco la posizione mantiene libere le vie respiratorie impedendo a saliva e vomito di ostruire la faringe e finire nei polmoni.
Appoggiare qualcosa di morbido (cuscino, pullover, ecc.) sotto la testa. Slacciare i vestiti stretti per favorire la respirazione:
L’obiettivo di tutti gli interventi di soccorso è quello di impedire possibili complicazioni o ferite.
Quando si verifica una crisi e la persona sta per cadere, si può tentare di sostenerla o di distenderla, nel limite del possibile. In questo modo le vie respiratorie restano aperte e la salivazione viene favorita. Subito dopo la crisi, che può essere accompagnata da vomito, sistemare il paziente sul fianco (posizione di lato stabile: una gamba sul fianco e l’altra appoggiata piegata). All’inizio dell’attacco, agli anziani si può tentare di togliere la dentiera. Nella fase tonica la mascella si contrae e ciò non è più possibile. Quando la persona è in pericolo e per questo la si vuole spostare o muovere, occorre sollevarla dalla parte del tronco e non delle gambe. Afferrarla per le braccia durante la crisi può provocare una lussazione della spalla.
COSA NON FARE
Agitarsi, spaventarsi, innervosirsi. Interrompere la crisi facendo opera di convincimento, sgridando o scrollando la persona o facendole annusare qualsiasi sostanza. Durante la crisi cercare di fare sedere la persona su una sedia o di muoverla. Ostacolare le contrazioni muscolari trattenendo gli arti; tentare di aprire le mani contratte; tentare la «rianimazione». Afferrare la persona per le braccia (rischio di provocare la lussazione della spalla). Sistemare la persona sul fianco durante le contrazioni (rischio di provocare una lussazione dell’articolazione delle braccia). Somministrare antiepilettici (pericolo di asfissia). Trattenere la persona durante e dopo le contrazioni (aumenta il rischio di ferimento).
Tentare di tenere aperta la dentatura o di inserire oggetti tra la mascella superiore e inferiore (pericolo di ferite). Chiamare ogni volta il medico o l’ambulanza se è una crisi epilettica conosciuta. Lasciare sola la persona durante la fase attiva. Svegliare la persona nella breve fase di sonno profondo successiva alla crisi o cercare di attivare le sue funzioni. Non dare da bere immediatamente dopo (pericolo che vada di traverso).
Non mettere nulla in bocca
Con le migliori intenzioni, spesso si mette in bocca all’epilettico un cucchiaio o una penna per evitare che si morda la lingua. In genere questo gesto non riesce. È assai più dannoso che utile: può causare ferite e danneggiare i denti. Unicamente i familiari o il personale specializzato, a completa conoscenza della sindrome, sono in grado di inserire fra i denti uno speciale cuneo di gomma.
Allontanare i curiosi nell’istante in cui riprende conoscenza, la persona epilettica nota la presenza dei curiosi: un momento più imbarazzante della crisi stessa a cui si è abituata. Se accompagnate un epilettico oppure, assistete, di passaggio e per caso, ad un attacco, consigliamo di intervenire allontanando cortesemente e con fermezza i curiosi presenti sulla scena e spiegando loro, per esempio, che quanto accade vi è noto, ossia che si tratta di una semplice crisi.
CRISI TONICHE-CLONICHE GENERALIZZATE («GRANDE MALE»)
COSA FARE
Mantenere la calma (specialmente in pubblico e in presenza di persone innervosite), osservare l’ora (inizio della crisi?). Se necessario, allontanare dalla zona di pericolo (per es. strada, fuoco o placche elettriche). Spostare oggetti pericolosi:
Dopo la crisi, offrire assistenza
• per sedersi
• per il rientro a casa chiedere se è opportuno
• avvisare qualcuno o stimolare le sue
• chiamare l’ambulanza reazioni di fretta.
• informare la persona sull’evoluzione e la durata della crisi
• presentarsi con nome e indirizzo
CRISI FOCALI CARATTERIZZATE DA UNO STATO DI CONFUSIONE (CRISI COMPLESSE FOCALI CON MANIFESTAZIONI PSICO-MOTORIE)
Come per le crisi generalizzate toniche-cloniche, è decisivo mantenere la calma e la prontezza di spirito. È sorprendente constatare che i pazienti, benché in stato confusionale, si feriscono raramente anche se all’inizio della scarica tengono in mano un coltello.
Rimanere accanto alla persona e non lasciarla sola.
La crisi iniziata non deve essere né contrastata né interrotta. Con estrema cautela si può tentare di togliere dalle mani oggetti pericolosi per la persona o di allontanarla dalla zona di pericolo. Se il paziente esprime malumore o vi respinge lasciate perdere immediatamente: è facile che abbia una reazione di difesa al vostro intervento (in seguito non ricorderà nulla!).
ASSENZE
Le assenze durano tra i 5 e i 30 secondi e di regola sono innocue di modo che non sono necessarie misure di pronto soccorso. È quasi praticamente da escludere che si verifichino ferimenti, gesti o cadute pericolosi.
COSA NON FARE
Afferrare la persona durante o subito dopo la crisi. Lasciare sola la persona fino a quando è completamente durante la crisi. Durante l’evoluzione della crisi cercare di influenzare il comportamento della persona o tentare di stimolare le sue reazioni di fretta.
Dormire bene contribuisce notevolmente al benessere. Questo vale sia per le persone in buona salute che per quelle affette da epilessia. Ma per queste ultime, alcuni aspetti collegati al sonno meritano un’attenzione particolare e sono riepilogati in questo opuscolo informativo.
Disturbi del sonno ed epilessia
Le persone affette da epilessia soffrono relativamente di frequente di disturbi del sonno: una su tre, secondo quanto indicato dai diretti interessati.
Delle crisi epilettiche notturne, spesso non notate o non ricordate al mattino, possono ad esempio disturbare il sonno. Ma anche i problemi respiratori possono pregiudicare la qualità del riposo e lo stato d’animo della giornata, complicando persino il controllo delle crisi. Bisogna considerare che una moltiplicazione delle crisi epilettiche può avere un’origine del genere soprattutto in presenza di sovrappeso, che in parte può essere favorito anche da determinati medicamenti antiepilettici.
Una percentuale relativamente elevata di persone affette da epilessia soffre inoltre di depressione, che a sua volta è collegata quasi sempre a un sonno disturbato. Anche in assenza di depressione, gli stress psichici e sociali dell’epilessia nel quotidiano possono provocare dei pensieri pieni di preoccupazione, che complicano fortemente l’addormentamento iniziale o consecutivo quando ci si sveglia durante la notte. Infine, è necessario considerare che anche determinati medicamenti antiepilettici possono pregiudicare la qualità del sonno.
Le conseguenze percettibili di un sonno disturbato sono innanzitutto una condizione mentale compromessa e la stanchezza, che può pregiudicare l’efficienza e quindi portare ad ulteriori stress, che rendono ancora più gravosa la vita quotidiana delle persone in questione. Il trattamento di eventuali disturbi del sonno è pertanto importante e dovrebbe assolutamente far parte della “gestione dell’epilessia”.
Ho avuto una crisi epilettica la notte scorsa?
Se dormite da soli(e) e nessuno può osservare la vostra attività notturna, delle anomalie quali un morso sulla lingua, una perdita di urina, delle ferite inspiegabili, l’indolenzimento muscolare o il mal di testa, possono essere degli indici indiretti di una crisi epilettica notturna.
Se volete un metodo più affidabile rispetto a dei semplici segni indiretti, esistono ormai diversi apparecchi da poter utilizzare per la detezione notturna delle crisi, come ad es. degli orologi intelligenti e dei materassi dotati di sensori, che segnalano i movimenti eccessivi del corpo durante la notte. Nel caso delle crisi senza manifestazioni motorie, è possibile anche installare una videosorveglianza (ad es. epiNightNurse). Più dispendioso in termini di costi e tempo, ma spesso inevitabile, è il monitoraggio video-EEG di lunga durata, che viene effettuato nel corso di più notti presso una clinica specializzata.
Come posso influire positivamente sulla qualità del mio sonno?
Chi dorme troppo poco di notte, tende ad avere sonnolenza di giorno. Ciò compromette l’efficienza e la condizione mentale, a prescindere che si sia affetti o meno da epilessia.
Ecco perché è importante una cosiddetta buona “igiene del sonno”. Questo concetto riassume un insieme di misure, che permettono di dormire bene e sufficientemente a lungo. In particolare quando il sonno è disturbato, si dovrebbe prestare attenzione ai punti seguenti:
Nesso tra sonno ed epilessia
Già nell’antichità, Aristotele ed altri filosofi hanno compreso che esiste uno stretto legame tra epilessia e sonno. Hanno così appurato che entrambi gli stati sono delle alterazioni della coscienza e che le crisi epilettiche si verificano di frequente anche durante il sonno.
Circa il 20% delle persone affette da epilessia viene colta solo da crisi notturne, dette “legate al sonno”, e quasi il 40% ha crisi sia di notte che di giorno. Le crisi notturne si verificano principalmente nei casi di epilessie del lobo frontale e temporale, ma anche in quelle legate all’età, come l’epilessia rolandica che colpisce i bambini e gli adolescenti o l’epilessia mioclonica giovanile.
Il sonno viene diviso in diverse fasi: leggero, profondo e onirico. È interessante notare che la maggior parte delle crisi insorge nella fase di transizione veglia-sonno leggero e durante il sonno leggero. I segnali tipici dell’epilessia riscontrati nell’EEG sono invece più frequenti durante il sonno profondo. Al contrario, il sonno onirico inibisce l’attività epilettica, quindi non si verificano né crisi né si riscontrano segnali epilettici.
Riassumendo, si può constatare che il sonno influisce sulla comparsa delle crisi epilettiche, probabilmente perché le reti neurali coinvolte anche nella loro insorgenza sono in parte le stesse che regolano le diverse fasi del sonno.
Movimenti durante il sonno – sempre segni di una crisi epilettica?
Esistono diversi disturbi del sonno somiglianti a delle crisi epilettiche, che possono essere scambiati per queste. Per distinguerli, è in genere necessario un esame specifico chiamato polisonnografia con videosorveglianza. Tra i disturbi non epilettici rientrano ad esempio:
Se il sonno o lo stato d’animo diurno sono compromessi e queste misure non sono sufficienti per migliorare la situazione, si consiglia di consultare un medico quanto prima. Meno un disturbo del sonno si prolunga nel tempo, più le misure terapeutiche fanno effetto facilmente. Si dovrebbe evitare una cronicizzazione.
Può essere talvolta necessaria una psicoterapia focalizzata sul disturbo del sonno, in cui non si apprendono solo le tecniche di rilassamento ma si modificano anche i comportamenti e i modi di pensare che rendono il sonno più difficile. Vale inoltre la pena discutere con il medico della combinazione di medicamenti antiepilettici riguardo ai loro effetti sul sonno – alcuni di essi lo favoriscono addirittura, ma altri possono disturbarlo.
L’epilessia si manifesta con un’elevata incidenza negli anziani e pone criticità del tutto differenti da quelle emerse finora. La sintomatologia atipica può ritardare la diagnosi a causa della similitudine con altre patologie (patologia vascolare o metabolica). È importante diagnosticare in tempi utili questa condizione anche perché l’epilessia senile è spesso più facilmente trattabile.
Che cos’è l’epilessia?
Una crisi epilettica comporta una disfunzione cerebrale temporanea. Esistono numerose forme di crisi epilettiche. I sintomi vanno da disturbi della coscienza isolati, sotto forma di assenze (piccole crisi generalizzate dette anche “petit mal” o “piccolo male”), a brevi contrazioni muscolari involontarie con mantenimento della coscienza (mioclonie), fino ad arrivare alle “grandi” crisi convulsive con perdita di coscienza (“grand mal” o “grande male”).
Nelle persone con più di 60 anni che contraggono l’epilessia, le più frequenti sono le cosiddette crisi focali con disturbo della coscienza, seguite dalle “grandi” crisi, il cosiddetto grande male. Relativamente spesso, nelle persone anziane, dopo una crisi permangono disturbi del linguaggio o altre disfunzioni funzionali per un periodo che può arrivare ad alcuni giorni.
Una grande crisi che si protrae è detta “status epilepticus”. Può manifestarsi con crampi muscolari, ma nelle persone anziane sovente anche senza, il che fa sì che spesso non venga riconosciuta come epilessia. Questi pazienti presentano uno stato confusionale e a volte vengono ricoverati in cliniche psichiatriche.
Le epilessie stanno diventando malattie senili
Le epilessie sono la terza patologia del sistema nervoso più frequente nella terza età, precedute solo dalle cosiddette demenze, come ad esempio il morbo di Alzheimer e dall’ictus. A causa del forte aumento della percentuale di persone anziane sulla popolazione totale e delle possibilità di trattamento medico in costante miglioramento per le malattie gravi, la comparsa di una forma di epilessia dopo il 65° anno di età è ormai più frequente che in età infantile o adolescenziale. Le epilessie stanno quindi sempre più diventando “malattie senili”. Di epilessia nella terza età si parla quando si sono verificate almeno due crisi epilettiche non provocate a una distanza di almeno 24 ore oppure, già dopo una prima crisi, nel caso in cui sia constatabile un elevato rischio di ulteriori crisi.
Cause
La causa dimostrabile più frequente di epilessie della terza età consiste in disturbi del flusso sanguigno nel cervello (più o meno in una persona affetta su due). Altre possibili cause sono lesioni alla testa, tumori cerebrali, demenza (in particolare il morbo di Alzheimer), abuso di alcol o farmaci e infiammazioni. Come in ogni età, c’è infine una determinata percentuale di casi per i quali non è possibile stabilire una causa.
Le persone anziane possono reagire a determinati farmaci – ad esempio gli antibiotici, i farmaci contro le aritmie, gli antidolorifici o le narcosi – con un’elevata sensibilità e in parte con un abbassamento della soglia convulsiva.
Sebbene l’epilessia, a prescindere dall’età in cui si manifesta, abbia ricadute negative ed esponenzialmente ingravescenti sulla vita quotidiana di chi ne è affetto, negli anziani in particolar modo determina una riduzione marcata e concreta della loro autonomia ed indipendenza, che si ripercuote in un’inevitabile perdita di fiducia in sè stessi.
Diagnosi
Non è semplice individuare le crisi epilettiche come tali nei pazienti di età avanzata. Per questo spesso accade che le epilessie della terza età passino inosservate e non vengano trattate nel modo corretto. È possibile confonderle con altre patologie ad esempio quando sono presenti alterazioni del ritmo cardiaco o diabete mellito. Anche disturbi comportamentali, sincopi, vertigini e disturbi della memoria possono essere sintomi di una forma di epilessia. Alcune persone anziane non sono in grado di riferire in merito ai segnali preventivi di una crisi a causa di demenza, disturbi del linguaggio o altri tipi di limitazioni. Se vivono da sole, non ci sono nemmeno familiari che possano descrivere quanto osservato. E’ importante diagnosticare in tempi utili questa condizione anche perché l’epilessia senile è spesso più facilmente trattabile.
Trattamento
Una volta diagnosticate, le epilessie in età avanzata in genere presentano prospettive di trattamento piuttosto buone, a condizione che i farmaci vengano ben tollerati. L’importante è stabilire il giusto dosaggio e aumentarlo lentamente. Spesso sono sufficienti dosi pari, a grandi linee, alla metà di quelle utilizzate per gli adulti giovani. A causa della concomitanza con numerosi farmaci, va considerata sia la possibilità di interazioni con il rischio di sintomi da sovradosaggio, che il rischio di un indebolimento o addirittura un annullamento degli effetti. Proprio nei pazienti anziani affetti da epilessia si sono dimostrati efficaci alcuni dei nuovi antiepilettici. In genere non sussiste alcun motivo per il quale le persone che contraggono la malattia smettano di condurre una vita attiva e autonoma per questa ragione. Nelle persone con difficoltà di memoria, è tuttavia necessario garantire la regolare assunzione dei farmaci. In questi casi può essere utile un portapillole. Dalla complessità della politerapia, deriva infatti l’esigenza di personale di supporto che provveda a monitorare la corretta e regolare assunzione di tutti i farmaci prescritti. Il personale di supporto, ove possibile, deve inoltre minimizzare i rischi connessi ad eventuali traumi e potenziali fratture, a cui gli anziani sono esposti quando sopraggiungono le crisi.
Check-list
La sessualità è un fattore importante nella vita di tutte le persone, che siano affette da epilessia o meno. Siamo esseri sessuati predefiniti fin dalla nascita; non per niente tanti genitori e parenti vogliono sapere al più presto se il nascituro sarà maschio o femmina. Benché il termine abbia tanti significati diversi, per sessualità si intende prima di tutto l‘espressione fisica di una stretta relazione fra due partner e – se si tratta di una relazione fra un uomo e una donna – la possibilità di procreare.
Ogni persona vive la propria sessualità in un modo del tutto individuale. La sessualità è influenzata da vari fattori quali età, sesso, orientamento sessuale, sfondo culturale, esperienze vissute, come pure da malattie come l‘epilessia o da altri problemi di salute.
L‘epilessia può influire sulla sessualità?
Molte persone affette da epilessia lamentano problemi sessuali. Questi possono essere causati dall‘epilessia stessa, dai farmaci assunti per curarla (farmaci antiepilettici), dalle reazioni del partner o di altre persone nei confronti dell‘epilessia e di disturbi psicologici conseguenti.
Se un‘epilessia ha un influsso sulla sessualità o meno dipende naturalmente anche dalla forma e dal decorso dell‘epilessia in questione. Benché sia più raro che le persone affette da epilessia si sposino e abbiano figli, la maggior parte delle persone con un‘epilessia ben controllata ha una vita sessuale normale e completa.
Per molte persone affette da epilessia è particolarmente importante avere un partner comprensivo, capace di dare loro sostegno e sicurezza, e con cui poter costruire una vera intimità sia emotiva che sessuale. La sessualità può ridurre lo stress fisico e mentale, e nelle persone affette da epilessia questo effetto rilassante può ridurre la frequenza delle crisi. Viceversa, eventuali paure e stress legati alla sfera sessuale possono anche essere fattori scatenanti.
I rapporti sessuali possono scatenare delle crisi? Quando bisogna informare la partner sulla propria epilessia?
Solo in casi molto rari si è potuto appurare che una crisi epilettica fosse stata scatenata da un rapporto sessuale. Benché si tratti quindi di un‘evenienza altamente improbabile, spesso è meglio dire a una partner intima come dovrebbe comportarsi se dovesse verificarsi una crisi. In genere la gente ha più paura dell‘ignoto che di ciò che conosce, anche se sulle prime può essere poco piacevole e, qualche volta, anche provocare una reazione di rifiuto. Tuttavia, questo non significa che bisogna subito dire a ogni potenziale partner che si è affetti da epilessia.
L‘epilessia può ridurre il desiderio sessuale?
Una delle conseguenze sessuali più frequenti di un‘epilessia è la diminuzione del desiderio sessuale. Il grado di diminuzione dipende fra l‘altro dalla forma e dalla gravità dell‘epilessia. Complessivamente, tra gli uomini affetti da epilessia questo problema è lamentato da uno su due; nei casi di epilessie con crisi focali l‘incidenza è di due terzi, mentre che negli uomini in cui l‘epilessia si manifesta esclusivamente con crisi tonicocloniche generalizzate l‘incidenza è di solo un uomo su dieci. Gli uomini affetti da epilessia hanno anche spesso problemi di erezione.
Tra gli uomini affetti da epilessia, in genere hanno più spesso problemi sessuali quelli in cui l‘esordio della malattia risale a prima della pubertà. La spiegazione potrebbe risiedere nella gravità della loro sindrome epilettica, ma potrebbe anche derivare dal fatto che questi uomini hanno avuto più problemi degli altri già nella fase della loro vita in cui si sviluppa la sessualità. Questo si traduce spesso in una minore autostima, con alterazioni del cosiddetto schema corporeo (la percezione di sé e del proprio corpo) e, in senso lato, con un calo del livello di soddisfazione.
L‘influsso dell‘epilessia
Gli studi condotti hanno chiaramente dimostrato che l‘epilessia può provocare disordini negli ormoni sessuali maschili. La loro formazione e secrezione è controllata da zone specifiche del cervello, in particolare dall‘ipotalamo e dall‘ipofisi (ghiandola endocrina). Questi a loro volta sono influenzati da diverse altre zone del cervello, fra cui anche il lobo temporale. È inoltre noto che un‘epilessia con focolaio epilettico nel lobo temporale destro ha effetti diversi da un‘epilessia con focolaio epilettico nel lobo temporale sinistro. Gli ormoni maschili riversati dall‘ipofisi nella circolazione sanguinea controllano nei testicoli sia la produzione di testosterone, il principale ormone sessuale maschile, sia la produzione di spermatozoi, ossia le cellule germinali maschili.
Influsso dei farmaci antiepilettici
Molti farmaci antiepilettici, in particolare i principi attivi di vecchia generazione come carbamazepina, fenobarbital, fenitoina, primidone o valproato possono comportare, quali effetti collaterali, dei disordini ormonali. Questo dipende anche dal fatto che questi farmaci stimolano una maggiore produzione della globulina legante gli ormoni sessuali (detta SHBG), che legando gli ormoni li rende inattivi.
Alcuni farmaci antiepilettici possono anche provocare disturbi della sessualità indipendenti da disfunzioni ormonali; provocando ad esempio maggiore stanchezza, possono rendere più difficili gli appuntamenti e le attività serali.
EPILESSIA E QUALITÀ DEGLI SPERMATOZOI
Le analisi condotte sugli spermatozoi di uomini affetti da epilessia rivelano frequentemente dei disturbi fra cui, oltre a un calo della quantità di sperma, anche una riduzione del numero e della funzionalità degli spermatozoi. Gli spermatozoi presentano talvolta anomalie strutturali che possono ridurre la loro mobilità e pertanto la loro capacità di fecondare un ovocita (uovo femminile). Va tuttavia considerato che questi reperti, come è il caso per tutti gli altri disturbi nell‘ambito della sessualità, sono abbastanza frequenti anche senza epilessia. Per questo motivo non è detto che la causa di questi disturbi sia sempre da ascrivere alla presenza di un‘epilessia.
In sintonia con quanto è già stato appurato in test su animali, uno studio recente ha dimostrato che negli uomini affetti da epilessia il valproato – e possibilmente anche altri farmaci antiepilettici – può comportare una riduzione delle dimensioni dei testicoli. Per una conferma si dovranno comunque ancora attendere i risultati di altri studi.
COME AFFRONTARE I DISTURBI DELLA SESSUALITÀ
L‘importanza dell‘informazione e della consulenza
In presenza di problemi concernenti la sfera sessuale la cosa più importante è parlarne. Per molte persone questo è tuttora più facile da dire che da fare. Qualche volta fanno già fatica a parlare della loro epilessia, e provano spesso grande imbarazzo nell‘affrontare temi come la sessualità. Almeno con i medici – che sia il medico di famiglia, il neurologo o l‘urologo – al giorno d‘oggi dovrebbe essere possibile parlarne apertamente.
Per vari problemi legati alla sfera sessuale esistono oggi soluzioni efficaci per tutti, anche per le persone affette da epilessia. I disturbi della potenza sessuale, ad esempio, possono essere curati con medicinali specifici. In caso di problemi psicologici più gravi, può essere utile una psicoterapia, spesso nel quadro di una cosiddetta terapia di coppia assieme al partner.
Cambiare farmaco?
L‘introduzione dei farmaci antiepilettici di nuova generazione, che comportano spesso una netta diminuzione degli effetti collaterali, migliora le possibilità di passare a un altro farmaco o ad altri principi attivi in caso di disturbi sessuali, per cui sarebbe sicuramente utile parlarne con il proprio medico curante. Alcuni di questi farmaci non hanno praticamente nessun influsso sulla globulina legante gli ormoni sessuali (SHBG), assicurando così una concentrazione più elevata di ormoni sessuali liberi e pertanto attivi. Spesso l‘aggiustamento del dosaggio o il passaggio a un altro farmaco possono essere risolutivi, o per lo meno favorire una regressione dei disturbi sessuali.
L‘influsso di una terapia chirurgica dell‘epilessia con esito positivo
È stato dimostrato che negli uomini affetti da epilessia che sono stati sottoposti con successo a una terapia chirurgica, nel corso di alcuni mesi – e malgrado il proseguimento temporaneamente invariato della terapia farmacologica – si verifica una normalizzazione degli ormoni sessuali. Questa è un‘ulteriore prova del fatto che, in caso di epilessia, gli eventuali disturbi sessuali non sono da ascrivere unicamente ai farmaci antiepilettici, ma anche alla malattia stessa.
CURIOSITÀ STORICA SULLE CURE DELL’EPILESSIA
Nella moderna concezione, l’epilessia é giustamente trattata come un disturbo neurologico e quindi curabile con degli antiepilettici e/o con cure complementari, separandosi dalla concezione un po’ “malefica” del passato, in cui significati “magici” e “sacri” si fondevano alle effettive proprietà terapeutiche delle cure usate allora. La presentazione delle tre piante medicamentose ha lo scopo di dimostrare come già in tempi più o meno remoti i soggetti che soffrivano di epilessia venivano seguiti ed eventualmente curati con la somministrazione di estratti naturali, oggi riconosciuti per la loro tossicità oppure per altre proprietà terapeutiche.
Descrizione e caratteristiche:
Pianta erbacea perenne alta dai 15 ai 30 cm. Geofita rizomatosa.
Foglie:
di colore verde scuro, coriacee e persistenti, hanno rizoma nerastro orizzontale ingrossato di 1 cm, portante 1-2 foglie. Il picciolo è lungo 10-30 cm, con 7-9 segmenti, acuti e dentati nella parte terminale, quelli laterali portati da un picciolo comune. Lo scapo è nudo, robusto.
Fiori:
generalmente solitari, sono 1 o 2 per scapo di 20-40 cm, grandi e magnifici costituiti da 5 sepali bianchi, soffusi di rosa-bruno all’esterno, i tepali hanno forma ovale e oblanceolato-spatolati, contornano un cuore giallo inteso.
Fioritura:
è il fiore invernale per antonomasia. La Rosa di Natale fiorisce in pieno inverno, molto precoce nei boschi di montagna. Fiorisce in inverno-primavera nei boschi di latifoglie e di pino silvestre umiferi, neutri o con calcare, più o meno sassosi. La varietà macranthus è la più tardiva.
Habitat:
Terreno umido ombreggiato. È presente nel sottobosco di pinete di Pino silvestre e Pino nero, nelle zone submontane e montane, nei boschi submediterranei, su substrato calcareo, da 300 a 1.000 m slm (anche da 50 a 1.800 m). Insediamento in Europa centro-meridionale.
Proprietà farmaceutiche:
Pianta fortemente tossica, vescicante, nell’antichità fu usata per curare le malattie mentali e come vermifugo. Oggi questa pianta non è più usata per la sua pericolosità e per la difficoltà di dosaggio
Curiosità:
viene definito “purificatore dagli umori peccanti”
Dioscoride dice che le viti che crescono ove ci siano molti ellebori nelle vicinanze fanno un vino con proprietà purgative…
Descrizione e caratteristiche:
genere di 33 piante erbacee perenni e di arbusti rustici, coltivati per i fiori e per il fogliame ornamentale. A dipendenza della specie l’altezza varia da 40 cm fino ad un massimo di circa 2m.
Foglie:
pennate, con numerose foglioline di dimensioni e forme irregolari, che possono essere lobate o non lobate.
Fiori:
grandi, appariscenti, tondeggianti , profumati e dai colori brillanti (rosso, rosa, bianco o porpora.
Fioritura:
da maggio a luglio a dipendenza della specie.
Habitat:
si piantano in autunno o anche in primavera, in terreno di medio impasto, umido, ma ben drenato, in posizione parzialmente ombreggiante. Richiede parecchi anni per ambientarsi e anche fiorire, perciò non deve essere trapiantata.
Proprietà farmaceutiche:
oggi la si ritiene solamente un antispasmodico-sedativo, utile nei disturbi nervosi e calmante della tosse canina.
Curiosità:
la peonia, la pianta “antiepilettica” per antonomasia,* pianta tossica, era ritenuta un tempo antiepilettica.
“Questa radice portata al collo caccia via ogni fantasma notturno che rende irrequieto il sonno”
E’ una pianta velenosa e protettissima.
Descrizione e caratteristiche:
genere di 60-70 specie di arbusti sempreverdi rustici, emiparassiti, dioici e tondeggianti.
Questa pianta è un parassita senza radici, che si alimenta della linfa dal proprio “ospite”.
Foglie:
le foglie sono coriacee, oblungo-lanceolate, ad apice arrotondato.
Fiori:
i fiori giallo-verdi, maschili e femminili più piccoli, si formano su piante separate, riuniti in fascetti ascellari o terminali; sulle piante femminili si formano frutti bianchi, traslucidi, di forma tondeggiante, grossi come un pisello, che contengono una polpa appiccicaticcia ed un solo seme appiattito.
Fioritura:
i fiori sbocciano da febbraio ad aprile; mentre i frutti compaiono da settembre a gennaio.
La moltiplicazione avviene in febbraio-marzo quando i semi si insidiano nelle spaccature della corteccia delle piante e la loro germinazione può avvenire da 2 a 3 mesi.
Habitat:
il vischio è una pianta diffusa in Europa e in Asia settentrionale, che cresce su diverse specie arboree.
Proprietà farmaceutiche:
da sempre considerata un “toccasana”, il vischio è una pianta dalle proprietà diuretiche, ipotensive, antispasmodiche e stimola le difese immunitarie, la cui parte utilizzata è la foglia e il rametto.
Abbracciarsi sotto il vischio per il Natale – Festa del Sole era benaugurate: il vischio era chiamato “guarisci-tutto” per le sue proprietà medicinali.
Curiosità:
regalare un mazzetto di Vischio è di ottimo auspicio, si dice porti fortuna e ricchezza, felicità e aiuti a superare gli ostacoli. Fra le piante considerate magiche il Vischio è la più sacra.
Sempre i Druidi la raccoglievano con un falcetto d’oro e la conservavano scrupolosamente, considerando come la sua natura inviti a superare ogni dolore e calamità, convinti che possa assicurare il bel tempo, un raccolto abbondante e la protezione contro i malefici.
I Druidi, antichi stregoni celtici, lo somministravano alle persone con epilessia, come cura “infallibile”
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Fonte: NIS epilessia, una storia
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