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L’epilessia dopo la pandemia

Quali sono gli effetti del Covid-19 sulle persone con epilessia? Risponde Oriano Mecarelli presidente della Lega Italiana contro l’Epilessia, che fa il punto anche su Telemedicina e ricerca

A cura di Tarcisio Levorato e Lara Mariani

“Questo periodo di lockdown è stato problematico per tutti noi e sicuramente le persone con epilessia hanno sofferto ancora di più”. Questa la premessa del professor Oriano Mecarelli, neurologo e presidente della Lega Italiana contro l’Epilessia (LICE) alla nostra intervista. La LICE attraverso un sondaggio condotto utilizzando i suoi canal social (in particolare Facebook) ha infatti cercato di capire quali sono stati gli effetti negativi di questo periodo di quarantena sui pazienti. E proprio dall’analisi di questo sondaggio parte la nostra chiacchierata con il professor Mecarelli che poi abbraccia diverse questioni fondamentali come l’implementazione della telemedicina e la ricerca. E visto che il professor Mecarelli è vicino alla scadenza del suo mandato per la LICE ci simo permessi di chiedergli di fare il punto su alcune questioni che sono rimaste in sospeso come la legge sull’epilessia e il rapporto con le Associazioni. Ma procediamo con ordine.

 

Professore quali sono stati i risultati del sondaggio?

“Abbiamo ottenuto circa 500 risposte e il 20% delle persone ha riferito sintomi riconducibili ad un peggioramento delle crisi. Oltre all’aggravamento dell’epilessia il 47% dei pazienti ha dichiarato una peggiore qualità del sonno, il 50 % un aumento dell’ansia e il 19 % uno stato di depressione, con conseguenti influenze negative sulla qualità di vita e accentuazione dei fattori facilitanti la comparsa delle crisi stesse.

 

Quali sono state le difficoltà maggiormente segnalate?

Sicuramente il reperimento di alcuni farmaci (quelli ad esempio già carenti prima della pandemia) e l’impossibilità di accedere ai Centri Epilessia per le normali visite di controllo. Personalmente, come epilettologo, non posso che confermare i dati dell’indagine. Ognuno di noi è stato oggetto di richieste di ogni tipo attraverso i canali più disparati e LICE si è fatta carico di rispondere alle richieste dei pazienti.

 

Ora che il lockdown è terminato e potete incontrare i pazienti che riscontro avete?

Sono riprese le visite ambulatoriali e oggi tocchiamo ancora più con mano gli effetti negativi della pandemia, dovuti soprattutto all’isolamento forzato e alla paura che potesse succedere qualcosa di grave, correlato o no all’epilessia. Sempre più frequentemente i pazienti ci raccontano che anche lo smartworking li ha gravemente stressati e affaticati e anche in questo ambito grande è stata la paura (per lo più immotivata) che troppe ore davanti al computer potessero essere nocive.

 

A proposito di telemedicina, cosa è stato fatto nel periodo del lockdown?

Se una cosa positiva questa tragica esperienza mondiale l’ha determinata è proprio aver ribadito la necessità urgente di attivare e regolamentare i sistemi di Telemedicina. Di Telemedicina infatti si parla da molti anni, ma una vera e propria implementazione delle sue reali possibilità non si è mai verificata su tutto il territorio nazionale. Il nostro sondaggio ha messo in evidenza che durante il lockdown i pazienti hanno percepito come una grande difficoltà quella di contattare il proprio neurologo curante. In realtà il 70% circa c’è poi riuscito con successo, con modalità diverse (sms, telefonate, mail) e ha potuto vivere l’isolamento con maggiore tranquillità. Telemedicina non significa ovviamente essere disponibili a rispondere ad una telefonata, ma significa mettere in atto una serie di procedure di consulto e diagnostiche, adeguatamente regolamentate, che possano ridurre al minimo gli spostamenti e gli accessi diretti alle strutture ospedaliere.

 

Questo strumento sarà utilizzabile in futuro e soprattutto è applicabile ai malati di epilessia?

La diagnosi e la cura dell’epilessia sicuramente si presta almeno in parte ad essere affrontata con questa metodologia, in particolare per quanto riguarda le visite di controllo. La tecnologia moderna consente di visualizzare a distanza in tempo reale, esami ematochimici, EEG e RM, e il tutto può essere registrato in una cartella computerizzata. Il paziente può raccontare al proprio neurologo cosa è successo in un certo periodo di tempo e anche inviargli home-video delle crisi, molto utili per la loro classificazione e la diagnosi differenziale. Attraverso la Telemedicina si possono attuare rapporti importanti di collaborazione tra Centri hub e spoke riducendo al minimo le difficoltà legate ai territori di residenza. È ovvio che il contatto umano tra curante e paziente deve essere tutelato, ma è indubbio che le possibilità della Telemedicina vanno sempre più sviluppate, conosciute e utilizzate nella pratica clinica quotidiana.

 

E dalla ricerca cosa ci dobbiamo aspettare dopo questo periodo?

La pandemia che ci ha colto del tutto impreparati ha ovviamente imposto grandi ostacoli a tutte le iniziative in ambito di ricerca sull’epilessia. I progetti già finanziati e in corso, anche quelli supportati da Fondazione LICE – stanno subendo notevoli difficoltà e si è resa necessaria la concessione di proroghe per quanto riguarda sia lo svolgimento che la raccolta dei risultati. Ma al di là di queste immaginabili e anche superabili conseguenze, rimane il fatto che in futuro presumibilmente ancora meno fondi saranno disponibili per la ricerca epilettologica. Le istituzioni sono attualmente quasi del tutto impegnate ad allocare le risorse per trovare sistemi di prevenzione e di cura delle infezioni virali pandemiche di cui ci si aspetta una recrudescenza. Già in precedenza l’epilessia, riguardo alla ricerca, era trattata come la “cenerentola” delle patologie neurologiche croniche e credo purtroppo che l’emergenza sanitaria non farà migliorare questo aspetto.

 

Quale è stato il ruolo delle associazioni in questo periodo?

È molto difficile rispondere a questa domanda, perché in Italia c’è un’estrema parcellizzazione delle Associazioni. In alcune Regioni ce ne sono più d’una, spesso non in rapporti di collaborazione tra loro, in altri territori invece (penso alla mia Regione, il Lazio) mancano del tutto. Credo che ognuno abbia presente ciò che è successo nella propria sfera territoriale e che sia molto difficile fare un discorso a livello globale. Noi come LICE, abbiamo cercato di tenere un dialogo sempre aperto con le nostre sezioni regionali, ognuna delle quali ha avuto un rapporto più o meno fattivo/collaborativo con le Associazioni operanti in quella specifica area geografica. Però per il futuro bisognerebbe fare di meglio!

 

Quest’anno scade il suo mandato come Presidente LICE, cosa raccomanda che venga portato avanti?

Se non ci fosse stata la pandemia il mio mandato da Presidente sarebbe già scaduto in questi giorni perché al nostro Congresso di giugno i soci avrebbero eletto il nuovo Consiglio Direttivo. L’emergenza sanitaria ci ha imposto di organizzare invece un Congresso virtuale a fine settembre e di rimandare le elezioni a gennaio 2021, sperando siano possibili. Comunque questo è stato un triennio per LICE estremamente produttivo e gran parte di ciò che come gruppo di lavoro ci eravamo proposti di fare è stato realizzato. LICE è una Società Scientifica solida, con oltre 900 soci, il 42% under 40. È collegata all’International League Against Epilepsy (ILAE) e ha creato in questi anni ottimi rapporti con le altre Società scientifiche di branca neurologica. Le Commissioni e i Gruppi di Studio hanno lavorato alacremente e prodotto vari documenti e position paper, anche pubblicati in Riviste internazionali. Sono stati realizzati numerosi Corsi con l’obiettivo di fare formazione e aggiornamento e i nostri due eventi nazionali (il Congresso – cui dal 2018 abbiamo invitato le Associazioni – e la Riunione Policentrica) hanno ottenuto sempre il massimo della partecipazione. Sicuramente la nuova dirigenza porterà avanti e migliorerà questi filoni, e si potrà senz’altro fare di più e meglio.

 

In base alle questioni rimaste aperte come la Legge sull’epilessia cosa si sente di dichiarare?

L’iter della presentazione della proposta di legge 716/18 è emblematico della difficoltà di collaborazione tra le Associazioni di pazienti e le Società Scientifiche di riferimento. Nel dicembre 2018 io stesso scrissi al Senatore Errani (uno dei proponenti) affinché il progetto – scritto e fatto incardinare da una sola Associazione presso la Commissione Igiene e Sanità del Senato – fosse rivisto e migliorato perché non “rappresentativo” delle diverse esigenze e realtà. Successivamente sono stati organizzati incontri tra diverse Associazioni (FIE, AEER, etc), LICE e altre Società Scientifiche, che hanno condotto ad un testo interamente riscritto e più completo, prendendo in considerazione anche l’inserimento dell’epilessia nel piano nazionale della cronicità. Si era giunti alla scrittura di un documento condiviso e già portato all’attenzione della controparte politica.

 

Poi è caduto il governo. Ora a che punto siamo?

Abbiamo ricominciato lo scorso autunno a riprendere i contatti con i nuovi referenti politici per seguire l’iter legislativo fino ad arrivare a febbraio 2020 a parlare con il Ministro Speranza, quando tutto si è bloccato di nuovo per la pandemia. Di una legge che tuteli gli interessi delle persone con epilessia c’è sicuramente bisogno, ma deve essere discussa e scritta in piena condivisione di intenti e di interessi tra i vari stakeholders, per poi sperare che la politica ne comprenda l’utilità e si faccia carico di pubblicarla e implementarla nella pratica quotidiana in tempi certi.

 

Durante il suo mandato è migliorato il rapporto Lice-Associazioni dei pazienti?

LICE con la mia Presidenza ha intensamente collaborato per diverse iniziative con FIE, AEER, con la neonata Fuori dall’ombra di Padova e con molte altre Associazioni di sindromi epilettiche rare (Dravet Italia onlus, Associazione Lennox-Gastaut, etc). L’invito ad essere presenti con un proprio desk al nostro Congresso nazionale, ritengo sia stato il primo passo del cambio di passo nel rapporto tra Società Scientifica e Associazionismo laico, ma d’ora in poi su questo occorrerà lavorare per fare di più e meglio.

 

La Lice ha una sua Fondazione che è impegnata nella ricerca sull’epilessia e nel sociale. Non crede che sarebbe opportuno che ognuno, cioè Lice e Fondazione si interessino più della ricerca lasciando alle associazioni dei pazienti il compito di intervenire nel sociale. Pensa che una più definita distinzione dei ruoli potrebbe portare strategie più efficaci?

Per rispetto dello Statuto, noi di LICE ci dobbiamo occupare ad ampio raggio di tutto ciò che circonda l’epilessia. La Fondazione Epilessia LICE invece è stata costituita nel 2010 ed è attiva soprattutto dal 2012, con l’obiettivo principale di raccogliere fondi da destinare sia al finanziamento della ricerca che di progetti divulgativo/promozionali. Gli obiettivi di LICE e di Fondazione LICE sono quindi inscindibili e non in conflitto. Per quanto riguarda invece la distinzione più netta dei ruoli che viene qui proposta tra Società Scientifica ed Associazioni dei pazienti/familiari, io credo innanzitutto che sia irrealizzabile attualmente nel nostro Paese, vista l’estrema parcellizzazione delle realtà laiche (a volte rappresentate tra l’altro da piccoli gruppi di persone con interessi molto particolari) e in secondo luogo proporrei invece un più costruttivo rapporto di collaborazione tra le diverse entità, sul modello di ciò che avviene all’estero nei rapporti tra ILAE ed IBE (International Bureau for Epilepsy), che insieme organizzano addirittura i Congressi internazionali.

 

In ambito epilettologico c’è ancora molto da fare.

C’è molto da lavorare, ma c’è spazio per tutti. È chiaro che le professioni medico-sanitarie debbono avere un interesse principale per le tematiche diagnostico-assistenziali e di ricerca, mentre le Associazioni dovrebbero occuparsi in modo specifico del sociale, ma credo che la strategia migliore sia la condivisione piuttosto che la distinzione.

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